martedì 14 ottobre 2014

A incrociare il cammino del vento con quello delle stelle. Da Pamplona a Puente la Reina. 19 settembre.

Quando, la mattina, usciamo dall'albergue per far colazione, troviamo Mike e Sua fuori ad attenderci.Vogliono salutarci, nel probabile caso che il cammino non ci faccia più incontrare.
Al bar prendo il primo caffè degno di questo nome, il motivo è presto svelato, dietro il bancone c'è un italiano.Alla mia espressione di stupore rivolta a Luca il tipo mi fa: beh, da dire qualcosa?
Sorrido e lo ringrazio dicendogli che mi sembrava strano fosse fatto da uno spagnolo.Il tipo ci augura Buen Camino e appone il suo timbro personale sulla credencial, poi usciamo fuori, è il momento dei saluti.
Abbracci ed incoraggiamenti vari, prima di incamminarci seguendo le frecce gialle.Quando mi volto, Mike, da lontano, si batte la mano sul petto e alza il pollice.Bravo Mike, niente lacrime, solo sorrisi e voglia di andare, suerte e Buen Camino anche a te amico mio.
Usciamo dalla città in una mattinata bellissima, dove il sole sorge luminoso tra gli alberi dei parchi e l'aria fresca mi fa venir voglia di fischiettare.
In breve, tendiamo a disunire questo piccolo gruppetto dove ci sono anche Thelma e Louise.Alla prima pausa classico stop all'alimentari di turno, poi a mangiar qualcosa sulle panchine di un parco.Sono con João, Paul, Luca e Francesca.
Finito il break, zaino in spalla e far scemare l'asfalto in terra.Non sto avendo grossi problemi fisici ma il tendine inizia presto a darmi quel fastidio al limitare di un dolore ancora sopportabile.Una dolce campagna precede l'Alto del Perdon. È un tratto di 13 km circa, dove incontriamo alberi di noci lungo la strada, panchine solitarie e silenziose, altri pellegrini, tra cui Gilberto, a riposare un po'.
A Zariquiegui ci fermiamo per una sosta più prolungata, visito una minuscola chiesa, appongo il suo timbro, entro in un bar e mangio qualcosa insieme a Luca e Francesca.João e Paul sono fuori a far due chiacchiere, nel frattempo arrivano anche Thelma e Louise, loro si fermano qui per oggi.Non avrò più modo di rivederle, lo so, di conseguenza ci salutiamo scambiandoci contatti vari. Quando riprendiamo il percorso, l'Alto del Perdon dista poco più di due km.
Sono da salire, nulla in confronto ai Pirenei, ma sempre salita bisogna fare.Questo non impedisce a me e João di cazzeggiare mentre faccio un video.Insomma, alla fine eccoci su questo famoso Alto, dove una serie di profili in metallo rappresentano una colonna di pellegrini in cammino.Su uno di questi, quello a cavallo, c'è una scritta: Donde se cruza el camino del viento con el de las estrellas.
Rimaniamo lì, sotto un vento forte di una giornata appena imbiancata dalle nuvole e un sole che tende a farti sudare, per il tempo che serve ad ognuno di noi a perdersi nei pensieri. Ad est c'è una Pamplona lontana e, oltre, i profili disegnati dei Pirenei.Ad ovest quello che deve ancora venire.In mezzo ci siamo noi, questo quintetto di gambe e occhi che han voglia di continuare. Infatti João Paul e Luca iniziano la discesa, mancano ancora una decina di km a Puente la Reina, io invece, dopo aver fatto una cosa richiesta da un amico, m'incammino più lentamente con Francesca.
Mentre eravamo seduti a pensare ai fatti nostri, lei ha avuto una crisi di pianto.Il vento l'aiutava a non farsi sentire, ma insomma,quello che vedevo oltre i suoi occhiali erano lacrime.
Le chiedo se vuole parlare,mi dice che non è niente, ma non è così. Chi viene da queste parti lo fa per un motivo, c'è chi lo sa, chi invece non lo sa ancora, chi lo saprà durante il cammino, chi dopo e chi non lo saprà mai.Mi correggo, il verbo giusto non è sapere ma piuttosto esserne consapevoli, perché a saperlo, nel profondo, lo sappiamo tutti.Ancora meglio, si tratta di accettare e accettarsi.
Ad ogni modo iniziamo la discesa dall'altra parte che ci condurrà, dopo altri tre paesini, alla meta di questa giornata.
Nel frattempo parliamo, mi dice che ha preso, tempo indietro, una decisione che presumo sia la più dolorosa per una donna.
Mi racconta anche della sua infanzia, di come il padre, all'epoca diciottenne, abbia deciso che era troppo presto per una figlia, e se ne sia andato lasciando una quattordicenne che sarebbe diventata madre.
Mi parla ancora della sua decisione, di averlo fatto perché sa cosa vuol dire crescere senza un padre, eppure non si perdona.
Abbiamo appena passato l'Alto del Perdon le dico, qualcosa vorrà dire, continuo dicendole che tutti facciamo errori e la prima persona che deve perdonarceli siamo noi stessi, altrimenti sarà difficile possano farlo gli altri.Lo so, suona molto retorico, ma c'è forse un'altra via da seguire?Se c'è un motivo per il quale non possiamo andare indietro nel tempo forse è proprio per quel motivo che dobbiamo andare avanti cercando di impiegare meglio il tempo che viviamo.
Assumersi oggettivamente una colpa non vuol dire riparare quel che si è fatto ma semplicemente proporsi per migliorare.
Mentre parlo lei smette di piangere, in qualche modo mi sento meglio anche io.Ha 23 anni Francesca, sarebbe uno spreco vivere una vita nel rimorso, le strizzo l'occhio iniziando a dire due minchiate, non posso fare di più, la soluzione è dentro di lei, attaccata al problema.Non affronteremo più questo argomento e, ancora oggi, le auguro davvero che guardi sempre avanti.Tanto il passato non si cambia ma può aiutarci a cambiare noi.
Quando si parla il tempo scorre, e com'è come non è, arriviamo a Uterga, dove Luca è seduto in terra addossato a una casa all'ombra.Qualche centinaio di metri prima, io e Francesca ci siam fermati ad ascoltare un tizio che diceva un Salve Regina in latino.Oh, è proprio una figata sentire le cose in latino, a prescindere dall'argomento, anche perché riesco a captare qualcosa in merito ai miei anni liceali.
Insomma, passata la fase culturale, attraversiamo questo paesino e, dopo un centinaio di metri iniziamo a capire che siamo capitati nel periodo sbagliato.
Il temuto stabbio-time, ovvero la concimazione dei campi.E qui è tutto un campo.Praticamente è come avere le chiappe di una vacca attaccate al naso, nel frattempo respirare forte.
Ora io mi chiedo, ma la mattina quando aprono le finestre per cambiare aria, o l'estate quando fa caldo, sono sicuri di quello che fanno? Olfatto zero da queste parti eh.
Con questo ancestrale dubbio entriamo in un bar per una birra, chiaramente in un atmosfera di merda.
Alleniamo le nostre capacità d'apnea per i seguenti 3-4 km, l'ho detto che qui è tutto un campo. Luca a un certo punto brevetta l'uovo di colombo.Si piazza una molletta da bucato sul naso.Pare che funzioni, per effetti collaterali chiedere alle papille gustative, tanto intenso è l'aroma di sterco.
Muy Bien, dove siamo ora?
Ah ok, il posto si chiama Obanas, un altro paese, ma qui davvero la vita sembra passarci per caso, o sarà l'orario che fa incontrare pochissime persone per la strada.
Fatto sta che abbiamo un altro timbro, in un apparentemente incustodito albergue.
Dai che manca qualche km, intanto João e Paul hanno già preso i letti per noi.Gran comodità questa, dato che può capitare di trovare tutto occupato se la si prende comoda.Ma dovremo imparare meglio questa lezione qualche tappa più avanti.
Arriviamo a Puente la Reina passando per coltivazioni di peperoni dannatemente invitanti, anche la guida dice che se è stagione bisogna approfittarne.
Luca dice che l'albergue non gli dà la stessa energia degli altri, sembra un po' spento.
E vabbè, vorrà dire che ci dovremo impegnare.
Ok, doccia, caffè e sigaretta et voilà, pronti per andare a fare la spesa per la cena.
Andiamo nel mercato dove i coltivatori hanno solo peperoni da vendere, anche arrosto fatti al momento, ma bisogna prenderne 5 kg minimo. Bocciati, supermercato aiutaci tu.Io sono uscito anche per una saponetta, dato che la memoria-vanga ha provveduto a farmi lasciare l'altra a Zubiri.Però poi, gira di qua gira di là, parla con un altro gruppo composto da spagnoli, un italiano e un giapponese, insomma mi dimentico anche stavolta di comprarla.Vabbè il bagnoschiuma della Fra sembra infinito.
Gli altri tornano a cucinare e io invece vado a cercare l'irlandese, voglio invitarlo a cena da noi.Lo trovo all'altro albergue, quello all'entrata del paese, mi dice che è con altri a cena, se ci becchiamo dopo ci prenderemo una birra.
Ritorno all'ovile appena in tempo per essere chiamato da Luca con disperazione, mi vuole far condividere il dolore provato nel vedere due greci alle prese con la pasta.
Quando entro in cucina il cuore mi si stringe, i tizi hanno messo pentola sul fuoco senza accenderlo, poi acqua fredda all'interno, a seguire gli spaghetti e, in ultimo, acceso il fuoco.
Cioè, volete fare una nuova formula per l'Attack? Quando io e Luca proviamo a dare un minimo consiglio, i due ci rispondono a malo modo, a loro piace così.
Molto bene, molto molto bene.
"Ma famme capì, ma che te vengo a insegnà come se balla er sirtaki?
Su questa vaga presa per il culo giro le spalle e mi verso un bicchiere di vino, comunque sta pappa per intonacare se la mangiano loro, noi faremo una pasta con verdure ottima.
Nella sala dove si mangia, persone sono sedute a parlare e conoscersi, quando ci passo, per fare una telefonata fuori, noto due gran bei occhi azzurri.Chiedo lumi a Luca e lui mi dice che stasera mangia con noi, è una new entry partita da Pamplona.
Si chiama Federika ed è di Berlino, lo so quando il mio essere italiano le porta un bicchiere di vino e ci scambio due parole.Mi pare chiaro che a tavola sarò seduto vicino a lei che, oltretutto, ha un letto nella nostra camerata da otto posti.
Finita la cena ci facciamo un giro veloce per il paese, dato che l'orario di rientro è come sempre non più tardi delle 22.
A letto, faccio un rapido resoconto del gruppo che si sta formando e penso che durerà almeno finché io avrò tempo per camminare.Illuso, in realtà su questo percorso siamo come acqua e, come acqua, cambiamo forma continuamente.C'è una buona luna, fuori in cielo, a risaltare i profili scuri delle case e mentre la guardo sento il respiro regolare degli altri. In breve mi adeguo al loro ritmo, chiudendo gli occhi.


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