martedì 17 febbraio 2015

1, 2 e 3.Di ottobre.Dalla Spagna all'Italia, passando per la Francia.

Oggi è il primo di ottobre, un mese che mi piace.Sarà per il suono del suo nome, che mi ricorda la bruma e le giornate dagli alberi dorati, o perchè ad ottobre ho conosciuto persone importanti nella mia vita, oppure perchè i miei genitori si sono sposati in questo mese.
Oggi però è l'inizio di un ottobre dal sapore più amaro, non troppo, perchè il dolce di settembre è stato tanto, al punto che nel palato ancora ne posso percepire il sentore, però è inevitabile avere la punta dell'amaro che balla sulla lingua, mentre preparo tutte le mie cose e saluto l'hospitalero.
Faccio colazione con gli altri, i triestini, Melody, Lucilla e la mamma, e anche Mike.Li saluto dandogli l'augurio che possano arrivare tutti insieme a Santiago e, da li,fino a Finisterre.Abbraccio Mike come potrei abbracciare un fratello che non ho, gli auguro Suerte e Buen Camino, questa è veramente l'ultima volta che lo incontrerò su questa via e leggo nei suoi occhi tutto il buono che il Cammino mi ha dato, tutto lo stupore che abbiamo avuto rivedendoci quando pensavamo di non avere più occasione, tutta la condivisione che ho avuto con gli altri, tutte le sorprese che mi si sono rivelate in questi gioni passati in una bolla di vita fuori dal mondo ordinario,.
Quando m'incammino verso la stazione degli autobus, l'amaro è condito da una nebbia mattutina che si accovaccia sulle guglie della cattedrale, al punto che sembrano quasi sfumare dentro di essa.
Faccio un'ultima foto a questa città per poi volgere le spalle e infilarmi nella stazione degli autobus, dove scopro di dover attendere circa un'ora e mezza prima di salire su quello che mi porterà ad Irun.
In realtà lo sapevo dal giorno prima, ma la mia MV ha voluto partecipare ancora alla festa.
Ritorno verso il centro, e mi dirigo in una caffetteria sotto l'albergue dove ho dormito, per fare un'altra colazione.Un altro barlume di contentezza quando vi trovo seduto il siciliano del riso buonissimo mangiato a Los Arcos.Ce ne stiamo seduti insieme a parlare un po' del suo cammino, di com'è andata nei giorni in cui non l'ho visto, del lavoro da produttore musicale che porta avanti in quella regione bellissima e difficile che è la Sicilia.
Il tempo, come sempre quando si sta bene, vola via e, guardando l'orologio a parete della caffetteria, mi rendo conto che è ora di andare.Saluto Giovanni, con la promessa che ci contatteremo sul librodellefacce, auguro Buen Camino anche a lui e ritorno nella pancia della stazione degli autobus.
Un'altro caffè, l'ultimo spagnolo, una sigaretta e poi salgo sul mezzo che mi condurrà all'ultimo paese basco prima della Francia.
Il viaggio si snoda tranquillo, quello dentro di me un po' meno.Mi sembra di essere stato strappato da qualcosa che sento mia, a cui sento di appartenere, anche se non riesco a comprendere cosa e in che modo io le appartenga.Cerco di scrivere qualcosa sulla moleskine, poi passo al digitale del tablet, tanto per impegnare la mente e avere l'illusione di continuare ancora.I paesi sfilano via dal finestrino accanto a me, e il panorama cambia quando attraversiamo le linee dure dei rilievi baschi.Per un attimo, ma solo per un attimo, mi sembra di esser tornato nell'autobus sul quale abbiamo fatto, con Luca e Joao, il tratto finale per arrivare a SJPDP.
Quando arrivo ad Irun, si aprono altri cassetti della memoria, molto più vecchi.Ho dormito qui nel 2005, in occasione di un altro viaggio lungo la via di Santiago, quello fatto con quattro ruote sotto al culo e con altra compagnia.Devo dirigermi ad Hendaye, il primo paese francese dove c'è un treno che porta a Bayonne.Dopo una birra e un panino, davanti all'albergo dove pernottai quasi dieci anni prima, monto le gambe in spalla e inizio a camminare verso il confine francese.
Sono quattro o cinque km, nulla di particolare e sono aiutato dalle conchiglie incastonate nei marciapiedi, da qui parte il Cammino del Norte, che ho intenzione di percorrere nel 2016.Le seguo al contrario, verso il paese della Rivoluzione, su cui metto piede dopo esser passato a fianco di una specie di porticciolo fangoso.La marea dell'Atlantico ha quella differenza per la quale le barche rimangono appoggiate al fondo quando si ritrae.In una delle foto che faccio, fermo lo scatto su una sedia a rotelle semisepolta dalla fanghiglia.Allora non è solo l'Italia ad esser un paese poco pulito.
I primi cartelli in francese mi dicono che ci sono, la stazione è quasi all'inizio, quindi dopo nemmeno venti minti di attesa sono sul treno.
Anche lungo la via ferrata c'è nebbia, che rende il paesaggio fuori quasi surreale, gli alberi sono ombre sfumate che entrano ed escono dal mio campo visivo in una maniera quasi ipnotica.Al punto che. lo sguardo fisso all'esterno, si tramuta in uno dalle palpebre chiuse per un breve sonno.
Riesco a svegliarmi prima della fermata a Bayonne, la mia intenzione è quella di tornare dal prete che ci ha ospitato all'inizio, altrimenti dovrò pernottare due notti in un albergo della città.
Quando faccio a ritroso la strada fatta quasi venti giorni prima, la sensazione di deja vu monta come panna preparata da uno chef internazionale.Prendo come riferimento le guglie della cattedrale gotica al centro città e, in una decina di minuti, sono fuori dal presbiterio.Provo a suonare, nulla, nessuna risposta.Guardo l'ora e vedo che il pomeriggio è ancora nella sua fase piena, magari il prete è impegnato in qualcosa oppure dentro la cattedrale.Entro in chiesa e chiedo a un parroco dove posso trovare padre Sebastiano, mi dice dove abita.Mh, si lo so dove abita, penso mentre ringrazio con un francese uscito dalla pantera rosa.Ritorno davanti alla palazzina, riprovo a suonare, ancora nulla.Mi guardo un po' intorno, poi ho l'illuminazione sulla via di Damasco.Cerco nell'ultima pagina della moleskine, dove la copertina è a soffietto in cui puoi mettere qualche appunto o biglietto da visita, o quello che ti pare.Sfoglio le varie carte che sono all'interno come fossero figurine, alla fine lo trovo.Il biglietto da visita di padre Sebastiano, dove c'è il suo numero di cellulare.
Chiamo e, dopo due squilli, eccolo che si affaccia alla finestra.
"Oh Sebastiano, sono io" dico sia al telefono che a lui direttamente.
"Vieni su" mi fa.
Insomma, alla fine avrò una stanza tutta per me, con bagno in camera e cucina a disposizione, la perpetua mi mostra dove sono le cibarie per la colazione, il frigo pieno di cose cucinate che posso prendere quando voglio, in definitiva mi dice di fare come mi pare.
C'è anche Ernesto, un altro missionario della mia età, viene dal centroamerica, dove è stato in quartieri che la Magliana al confronto è un circolo di scacchi.
Entrambi mi dicono che qui è come se fosse la mia casa, posso venire quando voglio a trovarli, purchè non ci siano seminaristi a lezione, in quel caso le camere sarebbero tutte occupate.
Per sdebitarmi vado a fare un po' di spesa, prodotti italiani da lasciare in dispensa, e intanto prendo confidenza con il resto della città che non avevo visto.
Passo due giorni a girare e far foto come un turista qualunque, svegliandomi quando voglio e dormendo nel silenzio di una camera.Mi rendo conto che è la prima volta da molti giorni che dormo da solo.
La prima sera vado a cenare in un locale messicano gestito da un tipo che fa burrito enormi, situato in una via dove presumo ci sia la maggior affluenza di gente, data la varietà e la quantità di posti dove ritrovarsi.La seconda sera andrò nella stessa via, a mangiare un panino ottimo fatto da un tizio con due mustacchi stile primi 900 e la testa calva come un ginocchio.In entrambi i casi finirò la serata in un pub irlandese situato lungo il fiume che attraversa Bayonne.
Per tutto il tempo continuo a messaggiare con Francesca riguardo alle loro tappe e come stanno.
La mattina del 3 ottobre, saluto i due preti, promettendo di passare prima o poi a trovarli ancora, il resto della giornata sarà solo lo spostamento verso Bordeaux tramite treno, poi all'aeroporto tramite bus e, infine, in Italia.
Ad attendere il mio arrivo ci sono Paolo il Mancio e Athos, sotto un'acqua che Dio la manda come si deve, e che costringe il pilota ad atterrare a Fiumicino anzichè a Ciampino.
Quando arrivo a casa, trovo mio padre ad aspettarmi in cima alle scale con gli occhi umidi, nemmeno fossi andato al fronte.Abbraccio i miei e mi cambio, dopo una doccia rigenerante, per una cena di bentornato a casa di Cristiana insieme ad altri miei cari amici.
Più tardi, nel momento in cui entro nel mio letto, rimango per un po' ad occhi aperti nel buio.
C'è un unico pensiero che mi gira tra le pareti della testa, un unico piacevole, desiderato e futuro pensiero.
Non vedo l'ora di riprendere da dove mi son fermato.

On air






giovedì 12 febbraio 2015

C'è un Sole da seguire e qualcuno da salutare.Burgos.30 settembre.

Ci svegliamo al suono della chitarra dell'hospitalero, mentre una luce insistente filtra dalla finestra sopra di me.Penso che ogni volta il tizio accenna una canzone di Julio Iglesias, da qualche parte nel mondo muore una fan del medesimo.Forse è tutto un piano per far morire anche lui, magari l'hospitalero ha una collezione di dischi che aumenterà di valore con la dipartita del buon vecchio Julio.
Guardo male anche una minuscola fessura proprio all'angolo della finestra, quello in basso a destra.Per tutta la notte c'è stata una lama ghiacciata sulla mia faccia, finchè non ho preso la decisione di tramutarmi in bozzolo di baco da seta e scomparire all'interno del sacco a pelo.Sento comunque il lato sinistro del viso come fosse di marmo, non duro ma proprio della medesima temperatura di un tavolo d'obitorio .Durante la vestizione scambiamo poche parole, è uno di quei momenti che avevo preventivato e a cui sono andato incontro durante il Cammino.Loro oggi andranno avanti, io no.
Chiedo al tizio se posso rimanere un'altra notte, dato che tornerò in Francia l'indomani per avvicinarmi a Bordeaux, da dove volerò verso casa.Non c'è problema, pago subito e sposto le mie cose su un letto vero.Ogni tanto incrocio lo sguardo con gli altri, monto sempre un sorriso perchè è giusto che vadano liberi da ogni malinconia, anche se poi ognuno la vive a modo suo.Una volta sistemati e preparati gli zaini, propongo di andare a fare colazione davanti all'albergue comunale, dove ci sarà anche Mike per salutare tutti.
Non c'è molta distanza e la mattina inizia ad essere soleggiata, sento le gambe che mi dicono di fottermene di tutto, del lavoro, di casa e dell'obbligo di ritornare.Mi chiedono disperatamente di tornare a prendere lo zaino che ho lasciato sul letto.Non le ascolto, ma prometto loro che l'anno prossimo potranno sfogarsi fino alla fine di questo sentiero lungo 900 km.
Al bar cerco di essere come sono stato nelle settimane precedenti, raccattiamo Mike e parliamo un po' di dove vogliono arrivare oggi, lui no, lui si ferma ancora, le sue vesciche sembrano stimmate perenni.Offro la colazione a tutti, e sembra che non debba accadere nulla di così trascendentale, in effetti è così, ci sono cose, molte cose, moltissime cose che sono peggio di un saluto a degli amici.Però ecco, è difficile da spiegare, e non voglio avere la presunzione di saperlo fare, dico solo che quando si fa un'esperienza del genere, in qualche modo tutto viene amplificato, o magari è semplicemente del buon tempo passato in una maniera naturale, serena, anche avendo in testa i propri problemi.Cosa che, nella vita di tutti i giorni, per qualche misterioso motivo, si riesce a fare raramente.
Si è unito anche Aviv, un israeliano conosciuto il giorno prima tramite non so quale dinamica, ma tant'è, anche lui ha zaino in spalla e prenderà praticamente il mio posto in questo gruppo sconclusionato ma tenuto insieme dal filo del Cammino.
Il momento sta per arrivare, sembra che nessuno voglia dire la fatidica parola: "andiamo?"
Lo faccio io per loro, suggerendo che ormai si stanno facendo le nove e devono iniziare a camminare, non so quanto sarà la tappa di oggi, ma so che arrivare tardi potrebbe far dormire fuori.
Partono un paio di foto con un trancio di cattedrale alle spalle, altri pellegrini ci sfilano davanti, i click degli scatti scandiscono questi istanti dove ci stringiamo più possibile e sorridiamo come in tanti altri scatti fatti nei km precedenti.Mike torna a sedersi al bar, mi attende li mentre io faccio una trentina di metri con gli altri poi, con la massima naturalezza che riesco ad avere, gli dico che è ora.
Quello che segue sono dei momenti che non hanno una faccia ben definita, sono belli e brutti, felici e tristi, umidi e asciutti, non hanno la leggerezza di uno ciao ma nemmeno l'assolutezza di un addio.Hanno la semplicità di un arrivederci, perchè tutti sappiamo che sarà così, prima o poi.
Li ringrazio uno ad uno per quello che hanno condiviso con me, a Luca dico che già sa quale scelta deve fare, è solo questione di accettarla, a Joao do in consegna il mio bastone, chiedendogli se può farlo arrivare all'oceano e bruciarlo lì.A Paul suggerisco di lasciarsi andare di più in qualche eccesso di vita, a Francesca che le voglio bene, tanto bene e che sta già facendo un altro cammino in sè stessa, ed è più difficile e ammirevole di questo.
Alla fine è il turno di Jo, quest'irlandese portato qui dai suoi fantasmi del passato e che sembra aver trovato un senso nel vivere il presente.Ci abbracciamo cercando entrambi di sorridere, eppure abbiamo in gola più nodi di una rete da pesca.Quando mi distacco gli dico che voglio vedere la verde Irlanda e camminarla per i suoi angoli, annuisce e mi da una pacca sulla spalla, girando poi la faccia dagli occhi umidi.
Inizio a fare qualche passo indietro, invito tutti ad arrivare all'oceano, di non fermarsi a Santiago, di seguire il Sole e di camminare anche per me.
Uno a uno inizio a vedere i loro zaini che si muovono seguendo le conchiglie, quando arrivano a una ventina di metri di distanza alzo le braccia, sono immobile e li chiamo: "Peregrinos!!"..si girano e prima che possano alzare le braccia a loro volta, li saluto con la stessa emozione di quando ho sentito da Maika, a SJPDP, le parole che , adesso, sono solo per loro: "Buen Camino peregrinos, Buen Camino!"
Mi volto a quell'immagine, torno al bar e Mike mi sorride consapevole di quel che è stato quel momento, nel frattempo si son seduti anche Matteo Paolo e Melody, insieme a Lucilla con la madre.
Passerò la giornata con loro, visitando la cattedrale dove Didie suonerà e canterà un pezzo.In seguito ci accorgeremo che c'erano più cartelli con divieti di fare foto video e suonare, che persone.Chiaramente io ho fatto un video completo dell'esibizione del torinese.
Ad ogni modo la giornata scorre con una lentezza a tratti esasperante, forse anche per merito di buone cose che fumo con i due triestini, non ricordo nemmeno cosa ho fatto il tardo pomeriggio, tranne che ho dovuto stampare la carta d'imbarco dell'aereo e controllare gli orari degli autobus per l'indomani, destinazione Irun, ultimo paese della Spagna prima della Francia, costa Atlantica.Presumo di aver cenato nello stesso bar dove eravamo tutti la sera prima.Anche Matteo e gli altri prendono posto nell'albergue dove sono io, hanno già dormito in quello comunale e non possono stare un'altra notte li.
Prima di chiudere gli occhi, guardo uno dei messaggi che mi sono arrivati durante il giorno da parte di Francesca.
Ci manchi, dice.
Si, mi mancate anche voi ragazzi, mancate anche voi.


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