martedì 23 dicembre 2014

Tra gli alberi, la voglia di continuare.Da Belorado ad Ages.27 settembre.

La  giornata si presenta bene, anche oggi sarà un buon tempo per camminare.Quando penso queste cose sto facendo due foto alla piscina che il giorno prima ci ha visti distesi sui lettini come crotali al sole, solo che noi, al posto della coda, facevamo tintinnare i bicchieri di birra.
Abbiamo da poco fatto colazione nel bar dell'albergue, un cornetto decente e un caffè molto meno, poi, tutti insieme, partiamo alla volta di questo nuovo tramonto che ci attende svariati km più ad ovest.Tutti insieme un par di palle aggiungo, dato che dopo poco mi trovo davanti agli altri, incrociando Olga, la spagnola che ha dato la pietra a Luca, che sta aspettando il bus per tornare indietro.Mi dice che non sto andando nella direzione giusta, che devo svoltare a destra e poi a sinistra e mi troverò lungo il cammino.Bene, ecco perchè mi trovo davanti agli altri, semplicemente perchè sono dietro gli altri.Poco male, mi sento bene e non farò fatica a riprenderli ma, nel frattempo, raggiungo Chiara e il suo ginocchio altalenante.Cammina con un bastone di quelli tecnici, uno solo perchè non è il suo, l'ha trovato nell'albergue del giorno prima.Le suggerisco di usarne due e le porgo il mio, quello che mi accompagna dai Pirenei, so che prima o poi dovrò lasciarlo e non posso portarlo a casa come ricordo, causa restrizioni aeree e surplus non indifferente di biglietto.Quindi, se può esser utile a qualcuno, le dico, mi fa piacere, tanto domani dovrei essere a Burgos, meta finale, per quest'anno, del mio cammino.
Dopo qualche Km ci fermiamo, insieme agli altri che ho raggiunto, su una panchina addossata al muro di una vecchia chiesa.Joao fa lo stordito con qualche movimento per sciogliere le gambe e io gli appioppo un paio di foto da ricatto.Per l'occasione faccio anche una pisciatina che tenevo da quando siamo partiti.
Insomma che si fa, ripartiamo?
Si, ripartiamo e i km iniziano a girare lentamente nelle nostre gambe e sotto i nostri piedi, attraversiamo qualche paese e ad Espinosa faccio una foto a una serie di indicazioni su un palo.A Burgos mancano 43 km, a Santiago 531, a Finisterre altri 90 in più.Mi mette, per un attimo, tristezza, quello che sembra una grande distanza, quei 43 km che durante la vita di tutti i giorni si farebbero in auto, che ci si metterebbe una mezz'ora scarsa e magari annoiandosi sperando che finiscano presto, qua sono invece un solo giorno e mezzo di cammino.Un misero altro giorno e mezzo di queste emozioni.Quando guardo il cartello, dopo la foto, vorrei che spostassero le città per allungare ancora questo tempo che invece non annoia mai.Mi chiama Luca e io riprendo a muovere ritmicamente i piedi allontanandomi dal cartello e da quel desiderio.Ancora km durante i quali passiamo davanti alle rovine di quello che era un monastero.Ora rimane solo una sorta di costruzione quadrata che sembra un mozzicone di dente in pietra e della grandezza di un'appartamento da scapoli, dove la tradizione vuole sia sepolto il fondatore di Burgos, tale Conte Diego Rodriguez Porcelos.Beh, non sarà come la Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare ma, come dice il nome, avrà fatto la sua porca figura all'epoca.
Foto di rito anche qui e poi, dopo poco, riattraversiamo per la seconda volta la statale, questa volta seguendola fino a Villafranca Montes de Oca.
Pausa, ovviamente.
In un piccolo alimentari prendo una busta di biscotti fatti a mano poi, nel bar a fianco, dopo un'attesa di circa dieci minuti, causa movimenti da moviola di Biscardi del gestore, riesco a mangiare anche una sorta di cornetto e a bere una sciacquatura tipo vecchia moka.Jo, dal canto suo, non riesce a far di meglio che prendere un caffè con latte (in spagna va molto sta cosa, sarà per mascherare la schifezza del caffè) e un bel pezzo di frittata.
Jo, porcadiquellavaccaputtana, ma come te lo devo dire che non si prende un similcappuccino con roba salata e cucinata?
Ride mentre lo mando a fanculo e scuoto la testa soffocando un conato al pensiero del gusto di una frittata con caffè e latte.
Molto bene, è ora di riprendere il giro giusto e dico agli altri che intanto vado avanti.Dopo una cinquantina di metri mi volto a gridare come solo un italiano sa fare, rivolgendomi a Luca di prendere i biscotti che ho dimenticato sul tavolo, tanto per cambiare.
Lui mi fa un cenno di assenso e qualcosa tipo che li legherà al suo zaino, io annuisco anche se qualcosa, nella sua risposta, mi stona un po'.
Da questo paese si esce passando a fianco di una vecchia chiesa, per poi imboccare una strada sterrata che sale immediatamente.Minchia, ci hanno riportato sui Pirenei e non me ne sono accorto?
No ma sono monti ugualmente, sono i Montes De Oca e da qui per 12 km non ci sarà nulla dove approvvigionarsi.Però è bello, sembra davvero di riprendere da poco prima di Roncisvalle e l'isolamento è quasi totale tra questi boschi di querce lecci e rovere, insieme all'erica e ai ginepri.
Pare che nei secoli passati questi posti siano stati tra i più pericolosi da attraversare durante il cammino, per via dei lupi e dei briganti che assalivano i pellegrini.Mi fa quasi sorridere quando ci si lamenta per una contrattura o una tendinite quando, all'epoca, dovevi fare come la gazzella con il leone in Africa, ogni mattina era una scommessa da vincere, altrimenti ci sarebbe stato ben poco da giocarsi la mattina dopo.
Con questi fugaci pensieri, tra video, foto e una chiacchierata con me stesso, arrivo a un punto panoramico.Uno sguardo a quello che viene offerto dalla natura, un Buen Camino a una coppia e poi riprendo questa salita che sembra addolcirsi leggermente, fino ad arrivare, con un paio di saliscendi, al monumento ai caduti della guerra civile spagnola.
Ci passo accanto in rispettoso silenzio, scattando una foto come memoria di quello che può essere l'uomo quando non è uomo.
Il tragitto continua su questo tratto sterrato che, a un certo punto, si infila in una pineta enorme diventando, lei stessa, larga almeno quanto un'autostrada.Una striscia di terra tra un mare d'alberi.Il sole picchia forte e cerco l'ombra protettiva dei rami per camminare quando, ad un tratto, a poca distanza, un'auto che spara musica nel silenzio dei pini e un ombrellone con un tavolo sotto appaiono come un mezzo miraggio.
Ollallà, anche la tipa che c'è non è affatto male.Mi darà una sedia dove sistemarmi a bere una birra che pago quanto voglio, dato che tutto quello che c'è sul tavolo è a donativo.Acqua, caffè, frutta e quello che serve per andare avanti in questo cammino.Ci rimango una mezz'ora buona, forse più, a chiacchierare con la spagnola che mi dice di aver scelto questo lavoro perchè le dà libertà.Mi suggerisce una strada alternativa per la tappa del giorno dopo e, dopo qualche battuta, afferma, sorridendo, che bisogna stare in guardia dagli Italiani e dai loro modi di fare.Impiego così questo tempo di descanso (riposo in spagnolo, qualcosa l'ho imparata) finchè da Est non vedo arrivare sia Luca che Jo, abbastanza bruciati dal sole e dall'allegria del rasta di due giorni prima.
Mi ricordo anche dei biscotti che avevo dimenticato e, quando Luca mi fa cenno di guardare dietro al suo zaino, capisco perchè la sua risposta mi stonava.Erano biscotti friabili, molto friabili e, nel ritmo del camminare, hanno oscillato troppo.Ora sono lontani parenti di quel che erano, praticamente una polvere di biscotto spappolato dentro una busta di plastica.
Grazie sempre alla mia MV, se potesse farsi un selfie sarebbe con un sorriso da cazzo stampato sul volto.
Insieme agli altri due riprendiamo a camminare finchè questa strada forestale non ci conduce a San Juan De Ortega, dove si potrebbe anche finire la tappa, ma pare che ci sia solo acqua fredda in questo monastero e noi, da fottuti figli dell'occidente, preferiamo tirare avanti fino ad Ages.Ma prima faccio una sosta per ascoltare il francese che abbiamo conosciuto a Los Arcos, quello dell'Inno del corpo sciolto e altre greatest hits mondiali stipate in un tablet.Parte un Bella Ciao che mi riporta, per un istante, alla sera passata a SJPDP.
Finisce l'esibizione e, questo francese che sembra sempre apparire dal nulla durante il cammino, sparirà dalla mia vista per sempre.
Arrivo ad Ages da solo, con il genovese e l'irlandese rimasti indietro a gozzovigliare ancora.Il paese è uno sputo più piccolo di Ventosa, spero solo che ci siano posti, anche perchè il tempo mette nuvole che ingrigiscono tutto insieme a un vento abbastanza fastidioso.
Paul e Joao mi tolgono questo dubbio quando li raggiungo in uno dei tre albergue.Il nostro ha un ingresso che sembra quello di una stalla e la stessa ruralità, ma la camerata è perfetta con solo sei posti per noi cinque, anche se un po' piccola.Una doccia calda lava via un po' di stanchezza poi, rivestito e sbarbato, vado ad attendere i due ritardatari all'entrata del paese.Quando sono a pochi metri da me mi dicono che sembravo un cartello di benvenuto ai pellegrini, tanto stavo immobile a guardarli scendere verso l'abitato.
Durante quel tempo che ci separa dalla cena, mi metto a far due chiacchiere con l'altro gruppo d'italiani i cui volti iniziano a diventare familiari.Bevo un paio di birre con Jacopo e Alessandra mi fa ascoltare una canzone con gli auricolari.Chiudi gli occhi e viaggia, mi suggerisce Jacopo.
Viaggio così bene che devono scrollarmi per farmi alzare dalla sedia dove ero seduto, fuori l'ingresso da uno degli albergue, come fossi una comare del posto a farsi gli affari di tutti.
Dato che non c'è cucina disponibile, andiamo a mangiare nella trattoria dell'albergue, dove facciamo un pasto abbondante e vedo Paul mangiare come un T-rex dopo un ramadan.Andrà a letto subito dopo, con qualche linea di febbre che lo fa chiudere più di quanto non lo sia di suo.
Anche Jo lo segue dopo poco, mentre io,Genova e Portogallo rimaniamo seduti fuori, nella notte spagnola, a cantare accompagnati da una chitarra trovata nell'albergue e suonata da Joao.
Altro giro di birra e poi, infilati nel silenzio di queste vie di paese, ci dirigiamo ai giacigli.Segue una breve disquisizione su chi dorme sopra e chi sotto tra Joao e Luca poi, finalmente, ci lasciamo cadere in un sonno sperduto tra le campagne di una Spagna che domani, mi vedrà camminare per l'ultimo giorno.


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venerdì 5 dicembre 2014

Poche parole, molti passi.Da Santo Domingo della Calzada a Belorado.26 settembre.

Altro giro altra corsa, o meglio, altro giorno altra camminata.
Mi sveglio con questo pensiero, anche se non ho la più pallida idea di dove dobbiamo arrivare oggi.
La fonte di allegria della sera prima mi ha spento il cervello appena poggiata la testa sul cuscino e il resto nel sacco a pelo.Irlanda e Genova continueranno anche durante le prossime tappe a usufruire del dono di madre natura, difatti arriveranno sempre per ultimi, io mi astengo durante il camminare, già so che sarebbe un ottimo modo per ritrovarmi almeno una ventina di km fuori dalla via.
In ogni caso, apprendo che oggi vedremo il sole tramontare a Belorado (anticipo che lo faremo in un ottimo modo).
Gambe in spalla quindi e dritti verso Ovest, lungo l'uscita del paese costeggiando la statale che sembra seguirci finché non si stanca, andandosene poi per i fatti suoi, lasciandoci alla terra vera e ai suoi suoni.
Cammino da solo, mischiandomi con visi e passi che non ho mai visto prima.Il motivo è semplice, la notte in più di Logrono ha permesso a chi è partito dopo di noi di raggiungerci. Continuiamo ad andare, in questo falsopiano che lentamente ci condurrà a Burgos e, in questa tappa, lasciamo la Roja per entrare nella Castiglia/Leon, un'altra regione, un'altra faccia di questa camminata di quasi 900 km.
Conosco Carmen, una tipa spagnola che accosto al Flamenco, non so perché, forse per i suoi capelli corvini e lunghi, di certo non per la sua felpa marchiata Ferrari.Cammina piano per via di un problema al ginocchio e, dopo nemmeno un km allungo lasciandola al suo tempo.Da un paio di giorni ho l'umore ballerino, presumo per il fatto che non mi rimanga molto prima di rientrare in Italia e percepisco un filo di malinconia quando ci penso, questa esperienza vorrei non finisse mai.
In ogni caso, pensa qui pensa là, passiamo nel frattempo qualche villaggio di questa tappa e, a Castildelgado, ci ritroviamo con gli altri per una pausa, inoltre apprendo da altri italiani che a Belorado c'è un albergue con piscina.Mecojons, il vero spirito del cammino si fa quattro grasse risate alla nostra decisione assoluta di pernottare lì.
Però dai, per una volta si può fare.
Dopo una colazione riprendo il filo di una strada che muta piano il suo contorno. Non più vigneti infiniti ma campi di grano misti a una buona solitudine. In un posto, di cui non ho letto il nome e quindi la mia MV è giustificata, trovo un albergue molto accogliente, peccato non sia dove vogliamo fermarci, altrimenti fanculo pure alla piscina. È tenuto da una coppia sulla mezza età, donativo in tutto, tanto che puoi prendere frutta e bevande senza pagare.Una tipa italiana mi suggerisce di farmi un giro anche al piano di sopra, per dare uno sguardo alle camerate. Sono deliziose con i loro quattro letti a castello, gli scalini piastrellati di un rosso ocra, l'aria pulita da ogni rumore.Ne abbiamo persi altri, penso mentre faccio due foto, di posti così. Albergue poco conosciuti, situati in villaggi o piccoli paesi che stanno, in genere, in mezzo ai canonici km delle tappe.
Mi guardo intorno, da solo, misurando a vista quelle stanze vuote, con la sensazione strana di dover rifare, prima o poi, tutto il cammino dalla partenza, che sarebbe come rileggere un libro con più attenzione, scovando nuovi angoli di lettura.
Mi scrollo di dosso questo pensiero appoggiato sui se e sui ma per scendere e recuperare zaino, bastone e bottiglia.
Prima di andare lascio due euro per un caffè, ma in fondo credo di farlo come piccola riconoscenza per quel momento al piano superiore.
Esco da quell'angolo di pace per tuffarmi di nuovo sotto un sole che ti piove addosso per quanto scalda.
Dalla fine del paese in poi conoscerò altre due orientali, ma dimenticherò subito il loro nome quando riprendo un passo solitario e silenzioso che mi porterà, per la prima volta, ad arrivare prima degli altri nel primo albergue di Belorado, quello con la piscina per intenderci.
Prenoto e pago per tutti, poi il tipo dice a un altro di accompagnarmi alla mia camerata, situata in un edificio lungo e stretto, dove i bagni sono separati e i letti abbastanza comodi.Vicino a quelli che ho prenotato c'è un tizio tedesco che conobbi a Estella.Una faccia simpatica e rubiconda, un saluto contento da parte di entrambi poi, dopo quella sosta non lo rivedrò più.
Arrivano gli altri che io mi son già fatto un paio di birre con Jacopo, Alessandra, Chiara e Gloria.Fanno parte di quel gruppo di italiani che ci han suggerito questo posto e sono partiti tutti da soli, non conoscendosi, per trovarsi all'aeroporto di Bergamo.
Jacopo e Alessandra hanno iniziato la loro storia così, su un volo che portava alle pendici dei Pirenei.
E insomma, nel frattempo gli altri si sono sistemati quindi con Luca e Jo decidiamo che un pomeriggio in piscina senza altre birre, non è un pomeriggio speso bene.Quindi vai di bionda e anche di quell'allegria rimasta dalla sera prima, con cui coinvolgiamo anche un tedesco di quelli che sembrano usciti dalla Wermacht, tanto ha i capelli a spazzola e gli occhi di ghiaccio.Con lui non intavolo nessun discorso calcistico, ha appena vinto i mondiali, e poi dopo l'allegria si presenta con quattro birre medie da scolare sui lettini sdraiati al sole.
In tutto questo, come sarà l'acqua?
Presto detto, la prossima glaciazione potrebbe iniziare da qui.
Però fa bene alle gambe e ai tendini , quindi provarla avendo cura di fare prima testamento.
Quando il sole si abbassa verso l'orizzonte, lascio tutti per andare a fare una doccia e due stracci di bucato, scoprendo che Paul e João si sono spazzolati tutti i miei biscotti presi la mattina e, quella stessa mattina snobbati da tutti.
Ho una fame da cavernicolo, ma voglio zuccheri, l'allegria ha questo effetto collaterale.
Raggiungo l'ora di cena con la brama da miraggio nel deserto, ma João fa un buon piatto portoghese,  che riempie molto e di cui non ho chiesto nemmeno il nome, tanto non l'avrei ricordato.
Dopo un caffè al bar nell'albergue, lascio Luca a parlare con quella signora spagnola, Olga, fumatrice incallita conosciuta la prima volta durante la terza tappa, quella che ci avrebbe portato a Pamplona.
Gli lascia una pietra viola, che lei avrebbe voluto portare all'Oceano, ma pensa che sia giusto darla a lui, soprattutto dopo che ha descritto l'amico di Luca morto per cirrosi senza averlo mai visto.
Lei sa. Cosi mi dice Luca, mostrandomi la pietra che, da quel giorno in poi, è rimasta nella sua mano durante il cammino.
A letto cerco di sedurre la mia MV cercando di ricordare tutto quello che ho vissuto finora, ma la stanchezza è sua alleata, l'ultimo pensiero è quello che ho ancora due giorni per camminare prima di raggiungere Burgos.


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