giovedì 22 gennaio 2015

Di nuovi incontri e dell'ennesima sorpresa.Burgos.29 settembre.

Mi stiracchio nel letto con suoni secchi delle mie ossa che si rimettono in posizione.Oggi non ci muoviamo, penso subito, e rimango a guardare il soffitto per un tempo indefinito, finchè Paul bussa alla nostra porta per controllare se siamo svegli o meno.
Luca ovviamente no.
Ci prepariamo con calma, una calma che non mi soddisfa dato che ho terminato di lasciare posti per raggiungerne altri, però sono, in qualche modo, sereno.Il cammino mi ha insegnato che bisogna accettare quello che viene, non passivamente ma, appunto, serenamente.Sapevo che mi sarei fermato e immaginavo che avrei dovuto farlo lasciando andare delle persone a cui sarei stato legato, quindi è giusto così.
Usciamo dall'ostello per fare colazione al bar sotto di esso, anche qui ce la prendiamo comoda e, una volta terminata, io e Luca ci mettiamo fuori a fumare una sigaretta guardando passare la vita normale di una mattina qualunque a Burgos.Persone dirette a lavoro, ragazzi che vanno a scuola e ragazze strette in leggins che richiamano i nostri sguardi sul loro lato B.
Quando anche gli altri si sono rifocillati ci mettiamo in contatto con Francesca per andare a prendere subito i posti in uno dei tre albergue.Il municipale non accetta persone che abbiano già pernottato una notte, tranne per casi medici, quindi andiamo direttamente a uno poco distante, da sedici posti letto e al centro della città.Il tizio che ci accoglie ci chiede cinque euro e si mette a cantare una canzone di Julio Iglesias con la chitarra.Il posto è al secondo piano di un edificio dove sotto c'è una piccola chiesa, lasciamo i nostri zaini vicino ai letti e poi usciamo per due passi nella mattinata spagnola.
Questa è una gran bella città e ricordo perfettamente i posti che ho visto nel 2005, quando seguii il cammino in auto insieme a una persona, fu un viaggio speciale, che contribuì a rafforzare il desiderio che già avevo di farlo, prima o poi, a piedi.
Il poi è giunto, e quando l'ho deciso è stato inaspettato, avrei potuto farlo negli anni precedenti, ma giungo alla conclusione che le cose arrivano nel momento che devono e vanno via altrettanto.
Mentre viaggio con i miei pensieri ci avviciniamo alla piazza della cattedrale, le vie intorno brulicano di turisti, abitanti e, naturalmente, di pellegrini.Si riconoscono immediatamente, con le loro andature zoppicanti che non intaccano i loro sguardi contenti.
Entro in un negozio di souvenir e inizio a fare compere per gli amici che sono a casa, alle mie nipoti, che non vedo l'ora di riabbracciare, avevo già preso un paio di orecchini per entrambe nella giornata di Pamplona, Quel pomeriggio ero in giro con Francesca, come oggi del resto, ed ho quella strana sensazione che sia passato tanto di quel tempo insieme al fatto che, invece, sembra ieri.
Scelgo con cura quello che devo portare alle persone a casa, poi raggiungo gli altri che mi attendono nella piazza antistante la cattedrale.
Ieri siamo arrivati che l'aria era ancora umida di pioggia, oggi invece c'è un sole timido ma fa bene il suo lavoro.Lo penso quando alzo il naso verso le guglie di questa costruzione gotica che sembra il centro da cui parte tutta la città, i suoi marmi si innalzano e piegano come rami lavorati verso il cielo.Mi fermo ad osservare la punta estrema di una delle guglie, osservo i suoi gargoyle e le statue scolpite in bilico verso il precipizio sottostante.
Quando abbasso gli occhi, ho una visuale più terrena, dato che incrocio lo sguardo di una ragazza che riconosco subito.Si chiama Melody  e ci siam visti, per la prima e unica volta da quando ho iniziato il cammino, nel rifugio a metà strada della prima tappa, quella che portava a Roncisvalle.Ero ancora con Pierpaolo, avevo già incontrato Mike e iniziavo ad odiare i caffè spagnoli.
Lei sarebbe rimasta nel rifugio per quella notte, la schiena non le permetteva di andare avanti e, quando la vedo, sono contento che sia arrivata fin qui.
Ci salutiamo con un abbraccio, poi mi presenta due ragazzi di Trieste, Matteo e Paolo, che fanno molto Apostoli come nome ma, in realtà, scoprirò che hanno i miei stessi vizi per cui la santità ci sarà preclusa.
Con loro ci sono anche Didie, un ragazzo di Torino che suona l'ukulele e Lucilla, in cammino con la madre.
Ogni volta che conosco un gruppo di persone, mi stupisco di come possa esser eterogeneo nella diversità di vite di ognuno.
Ad ogni modo, dopo una suonata di ukulele e due chiacchiere, ci dirigiamo verso una delle panchine nella piazza della cattedrale per una birra e qualche impressione sul cammino.I momenti passano via in fretta, arrivano altri pellegrini che, in un modo o nell'altro, qualcuno di noi ha conosciuto fin'ora, poi, all'improvviso, sento bussare alle mie spalle mentre sono impegnato in un discorso qualunque e, se non erro, dicendo qualche minchiata.
Quando mi giro, la prima cosa che penso è che il cammino mi ha voluto fare un ultimo regalo prima di lasciarmi tornare a casa, poi dico tutt'altro.

MACHECCAZZOCIFAIQUIGRANDEMIKEEEEE.

Già, è proprio lui, ancora vestito nel suo nero che dovrebbe farlo sembrare più magro e quel sorriso da ragazzone buono, con le sue vesciche ancora vive e doloranti e il suo inglese reso più duro dall'accento tedesco della sua terra.
Non mi vergogno affatto, ma avevo gli occhi lucidi di felicità quando ci siamo abbracciati, e nemmeno lui pensava di trovarmi ancora lungo questa via.Gli altri sorridono quando mi volto verso di loro, non sapevano nulla ma l'avevano visto arrivare alle mie spalle qualche attimo prima e hanno lasciato che la sorpresa fosse completa e inaspettata.
Gli chiedo di raccontarmi tutto, di quando è arrivato e di quanto si fermerà, di come è arrivato e, sopratutto, con chi ha diviso il cammino.
Risponde alla mia sequenza di domande tra una risata e l'altra, poi mi dice grazie.
Il mio sguardo diviene interrogativo, grazie di cosa, e già penso che la mia MV stia partecipando alla festa ma viene mandata subito via dalla sua spiegazione.
Mi dice che ha avuto momenti duri, che le sue vesciche continuano a sanguinare, che ha dovuto fare qualche tratto in autobus pur non volendo e, un giorno, aprendo il suo marsupio, ha trovato il biglietto che gli lasciai la mattina a Zubiri, poco prima dell'inizio della terza tappa, quella verso Pamplona.
Go On Mike, Always Go On.
Continua spiegando che, quando l'ha letto, era in uno di quei momenti difficili che assalgono molti pellegrini, quelli in cui puoi pensare di lasciar stare, che forse puoi farlo in più volte e non necessariamente in una sola, poi, quelle poche parole lette in quel momento, gli han dato la voglia e la spinta di continuare.
Non riesco a trovare qualcosa da dire, riesco solo ad abbracciarlo e dire grazie a mia volta, e non so chi sto ringraziando se lui per avermi dato modo di conoscerlo, se qualcuno più in alto, se il cammino, se la mia volontà o semplicemente la carta che ha mantenuto quelle parole al sicuro.
Dopo questa botta di energia positiva dico che dobbiamo assolutamente mangiare tutti insieme a pranzo, e optiamo per un posto dove ci fanno ottimi hamburger, poi lui torna nel suo albergo, dove può riposare in una stanza privata e senza confusione, rimanendo d'accordo che la sera ci troveremo ancora, dato che sarà la mia ultima in mezzo a questo gruppo strampalato di persone che si sono trovate e accolte lungo una strada.
Il pomeriggio scorre via tra una dormita e incombenze varie, tra cui stampare la carta d'imbarco per il volo di ritorno e controllare i mezzi per raggiugere Bordeaux tra tre giorni.
Nel frattempo ci accorgiamo che i letti prenotati non sono i nostri, o almeno non tutti.Su quello dell'irlandese c'è sistemato un tizio che si porta dietro un apparecchio per aiutarlo a respirare.Una cosa grossa, tipo uno zaino, ma non indago oltre.Se fosse successo in una delle prime tappe, probabilmente avrei attaccato bottone e cercato di capire come facesse a fare il cammino in quelle condizioni, adesso non lo trovo adeguato.
Su altri due letti invece, ci sono pellegrini che non ho visto mai.La soluzione sarebbe di dormire in terra su due materassi e io mi propongo, dato che non dovrò camminare l'indomani.Gli altri due che saranno a livello suolo sono Francesca e Luca.
Quando, in stile Nick Carter, scendono le prime ombre della sera, cerchiamo di radunarci tutti per andare in un bar dove fanno una paella niente male.Troviamo, con messaggi vari, ognuno di noi che nel frattempo si era dedicato a un giro in città, a riposare oppure a leggere da qualche parte.
Tutti tranne Jo.
Dove cazzo sta l'irlandese che ha un telefono dell'epoca Cavouriana ed è nemico della tecnologia?
Non riusciamo a trovarlo per tutta la serata, benchè io, durante la cena, esca più volte a fare un giro nei dintorni, sbirciando in ogni locale che serva una birra.
Al ritorno all'albergue lo troviamo seduto nel bar sotto allo stesso, impegnato a consumare l'ennesima bionda.Dice che a un certo punto non ci ha più visto e non sapeva dove fossimo andati, non faccio vedere il dispiacere nel non aver mangiato insieme questa sera, ma gli propongo di fumare una sigaretta prima di andare a dormire.
Quando saliamo nell'albergue, le luci sono ancora accese, il trambusto leggero di chi si prepara per la notte è il rumore di sottofondo, insieme a lievissimi suoni provenienti dai cellulari di due coreani che per tutto il giorno sono stati sul letto a trafficarci sopra.
Dopo una lavata di denti mi accingo a prender posto sopra i due materassi sdraiati in terra, con Francesca nel mezzo e Luca dall'altro lato. ognuno imbozzolato nel suo sacco a pelo.C'è anche Didie, sistemato su uno stuoino e incastrato tra un tavolo e la parete, ridiamo entrambi per la sistemazione ma in questa esperienza ci si adatta a tutto.
Le luci vengono spente poco dopo il passaggio dell'hospitalero che ci augura la buonanotte e ricorda di riposare per via della camminata dell'indomani.Nel silenzio interrotto dalla ricerca della miglior posizione per dormire, io chiedo a Didie di suonare qualcosa con l'ukulele.
"Ma sarà il caso Fà?"
"Suona Didie, nessuno romperà le palle, fidati"
Francesca si accoccola sulla mia spalla, mentre io rimango a fissare il soffitto striato dal bagliore esterno che filtra dalle finestre socchiuse e Didie inizia a suonare.
Una di quelle melodie dal peso di una farfalla, note che sfiorano pianissimo l'udito, sonorità dai colori pastello, questa è la musica che quel piccolo strumento manda in giro per questa camerata da sedici letti.
Prima di addormentarmi penso che, dopo quella di mia madre, questa sia stata la miglior ninnananna della mia vita.

On air




domenica 4 gennaio 2015

L'arrivo nella città del Cid, un'altra notte in meno.Da Ages a Burgos.28 settembre.

La luce filtra dalle imposte con discrezione quando suona la sveglia che ci avvisa di un nuovo giorno.
Prepariamo le nostre cose, nella penombra della camerata, in una sequenza di movimenti ormai automatica.Togli il sacco a pelo dal letto, ripiegalo e lascialo fuori che sarà l'ultima cosa da sistemare sullo zaino, guarda fuori dalla finestra per dare uno sguardo al cielo e capire cosa ti darà oggi.Nuvole, niente pioggia ma nuvole chiare, almeno di mattina.Indossa quello che ritieni opportuno per l'aria mattutina e dai una sciacquata al viso e alla bocca, fai un rapido check per controllare di non dimenticare nulla (nel frattempo sento il vago sorridere della mia MV), esci e dirigiti al bar per una colazione che serve a riaprire bene gli occhi e a girar la chiave di questo motore, due semplici gambe, che ti ha portato fin qui.
Dopo il caffè (mi ostino ancora a usare questo termine), una sigaretta che serve ad attendere gli altri.Nel frattempo mi avvicino anche al gruppo d'italiani, quello di Jacopo e Alessandra, e Chiara mi restituisce il bastone dicendo che ha trovato un paio di stick tecnici e comunque oggi spediranno gli zaini con il servizio che li porta da una tappa all'altra, camminando così senza peso sulle spalle.
Non amo molto questo metodo, ma non sono nessuno per giudicare come ognuno decide di fare il suo Cammino, anche se, volendo, si potrebbe ragionare all'infinito su queste scelte.
Ad ogni modo gli altri sono pronti a prendere il via per quella che sarà, del mio cammino, l'ultima tappa.Avevo già deciso, da prima di partire e considerando i giorni che avevo a disposizione, di raggiungere Burgos e fermarmi, per poi continuare l'anno successivo.In verità non sapevo nemmeno dove sarei arrivato, considerando che ogni cosa di questa esperienza è stata nuova per me.
Ci mettiamo in marcia uscendo lentamente dal piccolo paese di Ages e seguendo la strada asfaltata su cui, dopo nemmeno tre km, si poggia il piccolo centro di Atapuerca, un posto dove è stato rinvenuto uno dei più antichi siti preistorici e diventato patrimonio dell'Unesco.Deve essere una bella responsabilità per i circa duecento abitanti che vivono qui.
Pare che ci sia il parco archeologico da poter visitare, ma quando si cammina si tende ad andare avanti e comunque gli orari sono molto variabili, considerando poi questa mattinata domenicale dove non vediamo anima viva in giro, decidiamo di continuare senza fare pause troppo premature.
A Burgos ci attende anche Francesca, che si è fermata per noi, dato che Antonio, lo spagnolo, è rientrato anche lui a casa, e poi, dirà, mi mancavate tanto.Anche tu piccola bresciana, e non solo per le meravigliose lavatrici e l'ottimo bagnoschiuma che ha salvato tante volte la mia pelle.
A fianco ci sfila un campo di girasoli e notiamo che molti sono stati "lavorati" da chi è passato prima di noi.Su quelle facce di semi e capelli di petali sono stati incisi sorrisi e scritte di Buen Camino, insieme a nomi di passi ormai passati.Io e Paul facciamo qualche foto prima di allontanarci dalla strada asfaltata per iniziare uno strappo in salita con il fondo che cambia ancora, ora è roccia e sassi che sembrano saldati nella terra, spigoli di pietra che danno fastidio quando si cammina, mentre di lato, al posto dei girasoli, c'è una cortina di filo spinato, rugginoso ricordo della guerra civile.
La salita termina quando si apre una radura su questo altopiano che ci fa fermare per una pausa, a poche decine di metri c'è una croce enorme, con migliaia di sassi alla sua base, ognuno lasciato da qualcuno che è passato.
Mi tolgo lo zaino, oggi è la mia ultima tappa e questo mi sembra il luogo migliore per fare quella cosa che ho promesso al telefono nella notte di Pamplona.
Ho già preparato un biglietto con le parole adatte un paio di giorni prima, anche gli altri sanno di cosa si tratta e se ne stanno in disparte senza dire nulla.
Faccio un video dove mostro quel che vedo e dico quel che sento in merito alla questione, un paio di minuti scarsi, in cui cerco di mettere tutta l'energia positiva che posso avere perchè il problema della persona con cui ho parlato si risolva nel modo migliore.
Poi riprendiamo gli zaini e ripartiamo.
Per poco, molto poco.
A qualche decina di metri da questa croce, apparecchiata sulla terra come un tappeto, c'è una spirale enorme formata sempre da piccoli sassi, fatta dai pellegrini che ci hanno preceduto e comprendiamo che si può percorrere arrivando fino al suo centro.Sembra una galassia strappata al cielo, e noi piccoli pianeti dalle orbite sempre più strette, sfocati nella foschia del mattino che inizia a diradare.
Io aggiungo anche un altro sasso, per i miei amici e per le persone a cui voglio bene, mi piace pensare che qualcosa del mio mondo possa rimarere li, nel mezzo della campagna spagnola.
Intanto Jo prende la prima posizione e va avanti, noialtri quattro lo seguiamo una decina di minuti dopo, che tradotto in distanza vuol dire circa 400 metri indietro.
Proseguiamo ora iniziando a scendere e, in lontananza, svariata lontananza aggiungo, intravediamo Burgos.Evito di pensarci e con Joao iniziamo a chiacchierare del più e del meno, poi seguiamo una deviazione verso sinistra che ci porta in un agglomerato di case dove ci fermiamo a mangiare qualcosa che abbiamo portato dal giorno prima.Joao si fa un gran panino con la carne della sera prima che non avevo mangiato, dice che non si deve buttare nulla del cibo e ha ragione.Ma cazzo, una carne cucinata e fredda è da gulag sovietico.
Di Jo nessuna traccia, ma siamo sicuri che lo ribecchiamo ad attenderci da qualche parte.Oggi cerchiamo di stare più insieme, dato che è il mio ultimo giorno di cammino.Infatti eccolo qui, seduto ad un bar del paese successivo, dove io mi sparo una birra e un tramezzino doppio per soli 3 euro in totale, dato che la pausa precedente non mi aveva soddisfatto molto riguardo l'appetito.
Il tempo di una sigaretta e di nuovo in marcia, nel mentre dico agli altri che la tipa di ieri, la spagnola in mezzo alla pineta enorme, mi ha suggerito di non seguire il percorso principale una volta arrivati a un certo paese ma di girare per uno alternativo, così non faremo tutta la zona industriale di Burgos.
Bene, il problema è uno solo.
Come minchia si chiama quel paese?Ennesima vittoria della mia MV.
Fortunatamente ricordo che ci sono degli edifici bianchi, una volta strutture militari, da prendere come riferimento e quindi ci ritroviamo a fiancheggiare la rete metallica dell'aeroporto di Burgos.Joao mi dice che l'anno prossimo potrei atterrare qui direttamente, io annuisco con una faccia leggermente triste.
Arrivati a Castanares io e Jo vediamo una freccia dipinta su un semaforo che dice di girare a sinistra, mentre Paul e Joao, poco più avanti di noi, hanno preso quella del cammino originario e sono andati dritti.
Luca fa una corsa a richiamarli mentre io e l'irlandese attendiamo su una panchina poi, tutti insieme, seguiamo la nuova via.
Di sicuro è migliore dato che ci fa passare in mezzo ai boschi e, dopo qualche centinaio di metri, inizia a farci seguire un piccolo fiume, il Rio Arlanzon (fottiti MV, google maps è tuo nemico).
Bello, ma inizio a sentire male alle gambe e alla schiena, a dire il vero siamo tutti un po' stanchi, sebbene non siano stati tanti i km finora.
Comunque si continua, dato che vogliamo arrivare in città abbastanza presto per trovare i letti dove dorme Francesca e, guardando l'ora, dico agli altri che non stiamo messi male come tabella di marcia.
Il sentiero che seguiamo è usato anche da biciclette da cross, come testimoniano i vari cartelli e, sopratutto, i dossi che superiamo.A un certo punto incontriamo una signora con il suo cane, le domandiamo quanto dista Burgos e lei ci dice che siamo praticamente arrivati, che mancheranno solo due o tre km.
Vaffanculo a me che ripongo speranze nel senso di distanza e orientamento di una donna, dato che dopo quasi un'ora stiamo ancora camminando e, nel frattempo, siamo arrivati a un viale, sempre di fianco al Rio, che dura un'eternità.Sono stanco e il dolore alle gambe, dietro ad esser precisi, non mi abbandona, anzi aumenta, costringendomi a fermare più volte lungo questa linea d'alberi e acqua.
Ma l'acqua non sta solo in terra, e quella che sta in cielo decide di farci una visita per una ventina di minuti buoni, quindi in fretta e furia tirare fuori dallo zaino tutto il necessario per non diventare zuppi.
Però ci siamo, finalmente ci siamo, quando iniziamo a vedere il via vai di auto e, sopra i tetti, in mezzo alla città, le guglie della cattedrale.
Entriamo nel centro storico passando sotto una porta incastonata in un proliferare di statue e figure in marmo, e ci fermiamo venti metri dopo.Alla nostra sinistra un bar ha un cartello esposto "caña 1 euro" e quindi lo stop, sopratutto da parte di Luca e Jo, è immediato.
Praticamente birra a un euro, dice il cartello e la caña sarebbe una birra piccola.
Guardo l'ora, sono le quindici e dico che va bene, siamo in un orario giusto per fermarci un attimo, tanto dobbiamo attendere Francesca, cui nel frattempo abbiamo dato le coordinate per trovarci, e perciò ci sediamo.
Grave errore.
Molto grave errore e tra poco capiremo perchè, ma intanto arriva la bresciana ed è una gran bella cosa riabbracciarla dopo questi giorni camminati senza i suoi modi di dire ad minchiam.Ci raccontiamo quello che è successo quando non eravamo insieme, ognuno tira fuori un argomento o un episodio, ogni tre parole un abbraccio, perchè ci siamo mancati davvero.
Tornando all'errore, è molto grave non tanto perchè la birra a un euro era per chi la prendeva al bancone e non all'aperto comodamente seduto, ma perchè facciamo le sedici e quando arriviamo all'albergue municipal, il quale ha centocinquanta posti letto, è tutto pieno.
Bene, molto bene, allora andiamo a cercare negli altri due della città, ma niente, letti pieni di pellegrini anche lì.Dopo una decina di minuti che giriamo a vuoto, Luca becca un tizio, o meglio il tizio becca Luca, che fa da promotore per un ostello.Il tizio avrà almeno 20 anni più di me, non è proprio un'età da ostello, però lo seguiamo e troviamo questo posto che ci chiede quattordici euro a persona per due camere, una da tre e una da due, con bagno e tutto, oltre al fatto che non abbiamo orario di rientro.Con la stessa cifra avremmo dormito quasi tre notti negli albergue, ma va bene, abbiamo anche bisogno di riposare e accettiamo.
Prendiamo possesso delle camere così suddivisi, io Genova e Irlanda in una, e Portogallo e Spagna nell'altra.
Dormita pomeridiana di un'oretta e mezza, che dopo una doccia ci sta tutta, indi ci rivediamo con la bresciana per la cena consumata in un locale dove danno il classico menù del pellegrino.Io ho la malaugurata idea di chiedere un piatto di spaghetti con il sugo, e ripeto tre volte, no dico tre volte eh, non una sola, al cameriere di farmeli fare al dente.
Fabio, perchè pensi che la sublime arte della pasta debba per forza essere conosciuta in tutto il mondo?
Questa è la domanda che mi pongo quando arriva il mio piatto ma, fondamentalmente, sticazzi dato che ho fame e lo spazzolo in breve tempo.Quando mi appoggio fuori per una sigaretta, non volendo ascolto dei discorsi di italiani, due o tre coppie sulla mezza età, appena arrivati con auto proprie e che si fermano a dormire nell'albergo davanti a questo locale, il quale ha più stelle della costellazione di Orione.
Vedere queste persone, che si lamentano pure per non so quale futile motivo, avere degli zaini con la conchiglia e al tempo stesso indossare vestiti e giacche firmate, sapendo oltretutto che non hanno fatto un passo a piedi, mi fa venire voglia di alzare la mano e chiedere la parola.Evito, perchè alla fine non ho ripercussioni negative sul mio cammino dal loro modo di essere, ma la parola sarebbe stata una sola.
VAFFANCULO.
Paghiamo il conto, poi sono tutti d'accordo nel fermarsi una notte in più a Burgos per stare ancora un giorno con me, quindi accompagniamo la bresciana all'albergue per via dell'orario di rientro e noi cinque ci concediamo un giro notturno per la città.Ovviamente finisce dentro un locale dove prendiamo due birre a testa, Joao strimpella una chitarra che il gestore ci presta e poi, con una sorta di malinconica euforia ci dirigiamo verso l'ostello di questa notte nella città del Cid Campeador.
Ci addormentiamo subito, e io penso che questa cosa meravigliosa stia davvero giungendo al termine.
Ma no, non ancora.


On air