venerdì 11 settembre 2015

Al bar di Elvis siamo sulle giuste tracce.Da Sahagun a Reliegos.22 maggio.

Dopo i giorni delle partenze a due, passati con Giacomo, stamattina si parte in tre.Le ragazze spagnole dormono come se non ci fosse un domani e noi ci prepariamo per affrontare l'oggi che avanza lentamente nel cielo.
Scambiamo battute con Joao mentre prepariamo gli zaini e ci accingiamo a lasciare l'albergue per un tratto che dovrebbe portarci a Burgo Ranero.Dico dovrebbe perchè poi in realtà arriveremo da un'altra parte dove inizierò a percepire il Cammino quasi come l'anno scorso.
Ma andiamo con ordine.
Prima di uscire da Sahagun facciamo uno stop ad un alimentari per Joao e a un bar dirimpetto per me e Giacomo.Una colazione veloce con l'ormai ben conosciuto caffè e poi via, in questa fredda, ma fredda fredda eh, mattina di maggio.
Sono quasi le otto eppure ho le mani modello marmo di carrara e berretto di lana in testa, insieme a uno scaldacollo per evitare inopportuni mal di gola.
Non ricordo lo scorso anno un freddo del genere, pur essendo partito a settembre inoltrato e avendo fatto tappe con più boschi e montagne.
Ma il pellegrino cammina con ogni tempo e così facciamo noi, finchè il sole non si decide ad esplodere il suo calore alzandosi del tutto in quella lastra azzurra sopra la nostra testa e a farci riscaldare di un tepore che via via diventa sudore.
Intanto siamo già usciti da Sahagun passando per l'Arco di San Benito e oltrepassando il rio Cea sopra un ponte di pietra, proseguendo poi per la via che costeggia la nazionale fino ad un incrocio dove possiamo scegliere se andare dritti, puntando verso El Burgo Ranero, oppure girare a destra e prendere una vecchia "calzada" romana.Un breve conciliabolo dove facciamo anche una minzione adeguata all'ora, un controllo sulla mia guida in italiano e su quella inglese di Giacomo, per poi decidere di seguire la "calzada".
Sulle guide c'è scritto che sarà un tratto molto solitario, con solo un paesino tra noi e Reliegos, piccolo pueblo scelto come arrivo per questa giornata.Le guide non dicono che è molto più solitario e arido che non quello fatto per arrivare a Ledigos.
Ce ne accorgiamo quando, dopo aver attraversato un ponte sopra una ferrovia, iniziamo a camminare su una pista di terra battuta con un orizzonte fatto apposta per perderci gli occhi.Niente ombra, niente alberi, solo arbusti battuti dal sole e tre pellegrini che avanzano parlottando tra loro.Giacomo e Joao fanno conoscenza, mentre io mi defilo un po' per fare video e foto in questa tappa di sole e solitudine.Gli alberi in realtà ci sono, ma in lontananza ai nostri lati e quindi inutili con la loro ombra distante dal mio naso che si arrossa sempre di più.
Ci fermiamo a mattinata inoltrata, per fare una seconda colazione trasformata in pranzo, nel patio esterno di un albergue a Calzadilla de los Hermanillos, nel quale, dopo poco, ci raggiungono anche le due ragazze spagnole della sera prima.Io do indicazioni a un'altra ragazza che passa da quelle parti, dicendole che deve fare riserva di acqua, dato che non c'è altro fino a Reliegos.Viene dall'Est Europa, forse Russia, e mi ringrazia tanto per averle dato questa dritta che poi tanto dritta non è, voglio dire, basta guardare le guide.
Ad ogni buon conto, riprendiamo la camminata lasciando le due spagnole ancora a mangiare e la tipa russa a fare una pausa.
Joao inizia a fare illazioni sul mio vero scopo nel dare indicazioni alla russa, di li a poco inizierà un tormentone che ci accompagnerà per il resto del cammino e, nei giorni seguenti, si tramuterà anche in un soprannome per Giacomo.
L'italiano di Joao è un fluire calmo di parole che mi fanno ridere, a volte, per come sono pronunciate.
"Smeti de enganare donne con la tua faccia, BarbaBianca.Tu pensare sempre a PIM-PIM-PIM"
In realtà io ci penso come ci pensa qualsiasi altro essere umano sulla terra e, per tutto il cammino, anche avendo delle occasioni, non dormirò mai con una donna, anzi sono stati altri a tornare con un regalo del cammino sotto forma di compagno/compagna o addirittura figlio.
Passiamo il tempo così, inframezzandolo con discorsi seri e altri meno o cercando un mezzo metro quadro di ombra data da un arbusto per fare una sosta di qualche minuto.E i km passano, a tratti silenziosi, altri più scherzosi e ridanciani, altri ancora ognuno con il suo passo e distante dagli altri.
In questo nulla che sembra infinito, una piccola figura, davanti a noi di qualche centinaio di metri, avanza tranquilla come se non esistesse caldo e stanchezza.Quando ci troviamo più vicini da poterla distinguere io e Giacomo riconosciamo la signora che assomiglia a mia madre tra dieci anni.Diamo veloci ragguagli a Joao sulla persona e, quando ci troviamo al suo fianco, la salutiamo con il rispetto che si deve a prescindere verso una donna della sua età.Rispetto che aumenta quando pensiamo che si sta facendo da sola tutta questa strada e, per di più, scegliendo i tratti più isolati.Scopriamo che si chiama Carol ed è americana, facciamo qualche decina di metri con lei, chiaramente rallentando il nostro passo, per poi continuare augurandole Buen Camino.
Quando ci allontaniamo, come è capitato la volta scorsa, continuo a girarmi ogni tanto, finchè di lei non rimane che un minuscolo punto in lontananza alle mie spalle.Nel frattempo arriviamo quasi alla fine della tappa, passiamo in mezzo a un'area di riposo costituita, in un breve avvallamento del percorso, da un paio di boschetti ai lati della strada, per poi risalire ancora verso il sole nudo nel cielo e continuare per un paio di km fino ad arrivare all'inizio del paese.Poco prima eravamo rimasti interdetti per qualche minuto in presenza di una biforcazione dove non vedevamo frecce a segnare il percorso.
Raggiungiamo l'albergue municipale e prendiamo posto in una camerata il cui pavimento in legno scricchiola come il ponte di un galeone durante una tempesta.Il passaggio tra i letti, inoltre, è stretto e trovare posto per lo zaino diventa impresa non facile.Di fatto, se avessimo qualche cannone alle finestre, sarebbe proprio il sottocoperta di una nave dell'Invicible Armada.
Facciamo una doccia dopo la quale io mi astengo dall'andare a fare la spesa per la cena, cosa che faranno Joao e Giacomo, e decido per una birra in un bar del paese.Nel frattempo abbiamo anche avvisato l'hospitalero della presenza di una donna con una certa età incontrata lungo la tappa, leggermente preoccupati di non averla ancora vista arrivare.Il tizio ci dice di non temere e, nel caso il ritardo si faccia più evidente, che ci penserà lui ad avvisare chi di dovere.
Il pomeriggio è ancora caldo quando esco dall'albergue e incrocio una ragazza con una treccia da Pocahontas e un sorriso d'avorio quando mi saluta in un inglese oxfordiano, per poi entrare nell'albergue.Non ho nemmeno il tempo di formulare un invito a cena alla tipa che l'hospitalero mi attacca discorso snocciolando aneddoti e mostrandomi un libro sul cammino.
Mi lascia andare dopo avermi spiegato che il cammino è diviso in tre parti: Fisica, Mentale e Spirituale.
La prima è da SJPDP a Burgos, la seconda da Burgos a Leon, la terza da Leon a Santiago.
Effettivamente ci sta come spiegazione, anche se la parte fisica io la sparpaglierei lungo tutti i 920 km che conducono a Finisterre partendo da quel piccolo paesino francese.Conclude il suo discorso facendomi presente che già da domani il paesaggio cambierà e sarà meno noioso, le mesetas sono praticamente finite.
Ad ogni modo, dopo averlo salutato, mi faccio una passeggiata verso quello che sembra il centro del paese, sempre che ci sia un centro in questi agglomerati di case che sembrano dimenticati da Dio se non fosse per quelli che indossano uno zaino e giornalmente vanno ad infoltire la popolazione, seppure per una notte.
Incrocio Joao e Giacomo che tornano con le vettovaglie e dico loro che li attendo al bar che vedo di fronte a me.
Almeno credo sia un bar, dato che l'edificio è di un azzurro cielo e su questo sfondo ci sono decine di scritte tra cui spicca Bar Elvis e, sulla facciata, al posto di due finestre murate ci sono due occhi pitturati.Quando entro il dubbio è fugato dal bancone e dal tipo che c'è dietro, si è un bar, ma molto particolare.Quasi surreale direi.
Pareti piene zeppe di scritte fatte da mani provenienti da ogni parte del mondo, bandiere di ogni nazione appese alle pareti insieme a magliette che pellegrini precedenti hanno lasciato qui.Dietro al bancone il tizio, che si chiama Sinìn, indossa un basco sopra una barba che viene da molto prima della moda hipster.Gli occhi pieni di vita e le labbra sempre a dire qualcosa, che sia una battuta o la strofa di un pezzo che si propaga nell'aria.La scelta musicale, chiaramente, comprende pezzi di Elvis ma anche di Jonny Cash.Al bancone ci sono le due spagnole della sera prima insieme ad altri due pellegrini, birra che va e che viene, posaceneri perchè qua si fuma e non si discute e tortillas da gustare prima con gli occhi che con il palato.
Faccio video a profusione, chiedo birre da offrire e preparo da fumare per tutti.Nel frattempo arrivano anche Joao e Giacomo, l'ora è ancora quella dell'aperitivo e ce lo gustiamo tra chiacchiere e risate.Di quelle che ti rimettono al mondo, che tolgono la fatica dalle gambe facendoti dimenticare il sudore della giornata e i pensieri della vita.
Il portoghese se la canta su "Walk The Line" e io passo da fumare, Giacomo invece fraternizza con le spagnole e ordina ancora da bere.
Me ne sto li, un po' tra i miei pensieri e tra quelli degli altri quando vedo una cosa che mi riporta al settembre scorso, che mi fa immaginare per un attimo di girarmi e trovare le persone di quel tratto di cammino a bere e scherzare. Con Luca, Paolo e Matteo a fumare insieme, Francesca a chiederci se le abbiamo dato tutto da lavare, Pol il catalano che parla amabilmente con qualche pellegrino appena incontrato, Joao con una chitarra in mano a suonare accompagnato dalle mani di Federika, Gracia e Alicia. Mike nella sua tuta nera e gli occhi che ridono e tutti gli altri che a settembre scorso hanno diviso i loro passi con me.
Anche se dura un momento, è una sensazione bellissima.
La cosa che mi regala quest'emozione è una maglietta attaccata al muro tra le tante.
Appartiene a Joey l'irlandese, che ha fatto il cammino per tanti motivi, tra cui quello di promuovere la lotta a favore dei bambini afflitti dal cancro, come recita la scritta sulla t-shirt.
Finora, insieme all'incontro con Joao, è stata la sorpresa più bella da quando son partito da Burgos.
Chiamo Joao e gli mostro la maglia, lui annuisce e sorride in una maniera diversa dalla mia, capisco che ha saputo lasciare andare i ricordi meglio di me, senza rimanerne, in qualche modo, intrappolato.
Ho comunque una botta di energia positiva in seguito a questo momento e ritrovo lo spirito giusto per assaporare gli eventi del cammino.
Quando torniamo all'albergue mando la foto della maglia ad Emma, la figlia di Joey, poi iniziamo a preparare la cena.In cucina, oltre a noi tre c'è anche un ragazzone olandese che cammina con una giacca di velluto verde e il resto dell'abbigliamento che sembra si sia trovato per caso sul cammino dopo che era uscito a compare le sigarette ad Amsterdam. Inoltre suona il mandolino e a Joao questa cosa piace come il miele agli orsi, quindi parte una jam session da parte del tipo con il portoghese a battere il tempo sul tavolo.
In tutto questo la tipa dell'Est incontrata lungo la strada si fa vedere in cucina e iniziamo a chiacchierare.
Quando mi chiede da dove sono partito le rispondo da SJPDP, quando mi chiede da quando rispondo da settembre scorso. Lo sguardo di lei rimane perplesso e io colgo la palla al balzo. Le dico che è da settembre e che sto facendo un km al giorno, per poi fermarmi e continuare il giorno dopo. Lei scoppia a ridere chiedendo conferma a Joao, il quale non conferma ma nemmeno smentisce.Rimango un po'basito dal fatto che la tipa possa credere a questo, basterebbe pensare che da stamattina i km sono stati ben più di uno da quando ci siamo incrociati, eppure lei non smette di ridere pensando che sia vero.
La coinvolgiamo anche nel cantare una tipica canzone russa facendoci compagnia durante i preparativi per il mangiare poi, all'improvviso, entra in scena anche la tipa Pocahontas che si rivela essere una ragazza inglese che sta facendo il cammino di corsa per non ho capito bene quale causa di beneficenza.
La cena passa così, tra me che ogni tanto dico alla russa " one km for day" e Giacomo che scambia parole con l'inglesina.
Ce ne andiamo a letto che  non è ancora del tutto buio, l'inglesina dorme ai miei piedi e la russa al suo fianco, la sottocoperta del galeone scricchiola ad ogni passo dei pellegrini che, alla spicciolata, arrivano per infilarsi nei sacchi a pelo.
Mi chiedo se va meglio e mi rispondo che, si, va meglio ma c'è sempre un "ma" da qualche parte dentro di me.

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